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Vivere il cancro: tra coping e negazione

Diventa fondamentale assistere psicologicamente un paziente oncologico sin dal momento della diagnosi. Sostenerlo sia nelle sue strategie di coping che nell’osservazione della funzionalità della negazione/evitamento può influenzare positivamente la prognosi di malattia e la sua qualità di vita.

Secondo il rapporto “I numeri del cancro 2022”, in Italia nel 2022 sono state quasi 391.000 le nuove diagnosi di tumore, circa 205.000 fra gli uomini e circa 186.000 fra le donne. Considerando l’intera popolazione, escludendo i carcinomi della cute non melanomi, i tumori in assoluto più frequenti sono:

  1. Tumore mammario (14,3%)
  2. Tumore del colon retto (12,3%)
  3. Tumore polmonare (11,2%)
  4. Tumore prostatico (10,4%)
  5. Tumore della vescica (7,5%).

Tra le donne i cinque tumori diagnosticati con maggiore frequenza sono: il tumore della mammella, del colon-retto, del polmone, dell’endometrio e quello della tiroide; tra gli uomini sono il tumore della prostata, del polmone, del colon-retto, della vescica e quello dello stomaco.

I curanti tendono a concentrarsi sull’oggettività clinica della malattia rischiando di non indagare accuratamente il vissuto personale del paziente che spesso non prende l’iniziativa di parlare dei suoi disagi emotivi in quanto confuso, impotente e pervaso dal senso di colpa. Oltre al controllo dei sintomi fisici, è bene porre l’attenzione anche agli aspetti emotivi legati ad angoscia, demoralizzazione e tristezza; nei pazienti oncologici è alta la prevalenza di depressione (tra il 20-25%), così come un esordio di PTSD (Disturbo Post-Traumatico da Stress) legato alla malattia (tra il 3 e il 35%). Non solo, si assiste anche ad una maggior richiesta di morte anticipata, forme di suicidio assistito ed eutanasia oltre a tassi più elevati di recidiva e peggioramento della prognosi. Questi dati fanno riflettere sull’importanza di intervenire su questi aspetti più psicologici per valorizzare nel paziente le potenzialità fisiche residue e tutti i fattori di resilienza fondamentali per affrontare le vari fasi della malattia.

Le strategie di coping nei pazienti oncologici

Il coping rappresenta una modalità cognitivo-comportamentale con la quale un individuo affronta un evento stressante e le sue conseguenze emozionali. La capacità di far fronte ad una crisi esistenziale dipende da diversi fattori: dal tipo di patologia (sintomi e decorso), dal livello di adattamento precedente alle situazioni di malattia, dal significato della minaccia esistenziale, da fattori culturali e religiosi, dall’assetto psicologico e dalla personalità, dall’istruzione e da eventuali disturbi psichiatrici presenti.

In particolare, tra i pazienti oncologici sono state rilevate le seguenti strategie di coping nell’affrontare lo stress legato alla malattia neoplastica:

  • Hopelessness (mancanza di speranza)/ helplessness (impotenza appresa), caratterizzato da elevati livelli di ansia e di depressione, dall’incapacità di mettere in atto strategie cognitive finalizzate all’accettazione della diagnosi, dalla convinzione di un controllo esterno sulla malattia;
  • Spirito combattivo, contraddistinto da moderati livelli di ansia e di depressione, da numerose risposte comportamentali attraverso le quali il paziente cerca di reagire positivamente e costruttivamente alla situazione, dalla convinzione di un controllo interno sulla malattia;
  • Accettazione stoica, con bassi livelli di ansia e depressione, attitudine fatalistica, dalla convinzione di un controllo esterno della malattia;
  • Negazione/evitamento, in cui appaiono del tutto assenti sia le manifestazioni ansioso-depressive, sia le strategie cognitive, nella convinzione da parte del paziente di un controllo sia interno che esterno della malattia.

La percezione del controllo che si ha sulla malattia – o più in generale sugli eventi di vita stressanti – è un fattore importante nel determinare lo “stile di coping” messo in atto e ha una grande influenza sulla salute e sul decorso della malattia. Le persone che sentono di avere un controllo interno sugli eventi (locus of control interno) credono in se stesse e in ciò che si prefiggono, tanto che nei confronti delle malattie reagiscono in termini risolutivi e in prima persona, sono propositivi e collaborano con l’equipe medica. Questo stile di coping sembra essere un fattore protettivo per la salute in generale e elemento positivo per il decorso della malattia. Le persone che invece reagiscono in modo passivo agli eventi (locus of control esterno) tendono a non sentire il controllo e la responsabilità sulla situazione e su ciò che accade loro, tendendo così a incolpare il mondo esterno. Al contrario del precedente, questo atteggiamento sembra essere un fattore di rischio per la salute in generale e anche per il decorso delle malattie.

Sulla base di ciò, più gli eventi sono percepiti come indesiderabili e incontrollabili maggiore sarà la probabilità di percepire quell’evento come stressante e maggiori saranno le probabilità di ripercussioni negative sulla salute.

Il ruolo della negazione nei pazienti oncologici

Tra le strategie di coping maggiormente utilizzate dai pazienti oncologici nell’affrontare l’impatto emotivo della malattia c’è la negazione/evitamento, rilevante soprattutto durante la fase diagnostica della malattia. Un paziente può negare la diagnosi, la prognosi o la gravità della malattia, oppure può ignorare o dimenticare quello che il medico gli ha riferito con la diagnosi, oppure rifiutare di aderire al trattamento proposto. La negazione di malattia è dunque un meccanismo di difesa che consente alla persona di prendere le distanze da una realtà minacciosa e preoccupante; in altre parole è un modo più o meno (in)conscio per allontanare paura, ansia o altre emozioni spiacevoli e per distorcere diversi aspetti o parte o totalmente la realtà.

Esistono sette tipi di negazione che si articolano lungo un continuum graduale:

  1. La negazione del significato personale della minaccia percepita;
  2. la negazione dell’urgenza;
  3. la negazione della vulnerabilità o della responsabilità;
  4. la negazione delle emozioni correlate;
  5. la negazione del significato affettivo;
  6. la negazione della presenza di un’informazione minacciosa,
  7. la negazione di ogni tipo di informazione.

La negazione di malattia può avere una funzione diversa a seconda della fase di sviluppo della malattia in cui si trova il paziente ed un impatto sul miglioramento o peggioramento della condizione medica.

Questo meccanismo difensivo può svolgere un ruolo adattivo nelle fasi iniziali della malattia poiché protegge il paziente dalla paura, dallo sconforto che si provano di fronte alla diagnosi medica. A tal riguardo, in alcuni studi condotti su donne con cancro al seno si rileva un’associazione positiva tra la negazione degli effetti della malattia (ovvero tutti i cambiamenti e le conseguenze negative che comporta la malattia oncologica) e livelli inferiori di sofferenza emotiva nonché minori livelli di ansia e disturbi dell’umore. La negazione quindi attraverso una “distorsione” della realtà, nascondendo a se stessi la presenza del cancro, aiuta a ridurre il senso di sopraffazione, di disperazione, di paura, di impotenza che si provano al momento della diagnosi medica, contribuendo a preservare un’immagine positiva di sé e l’autostima. Altri studi hanno fatto emergere un altro dato interessante rispetto la correlazione tra negazione di malattia e maggiore sopravvivenza tra i pazienti oncologici, sebbene il motivo che spiega tale associazione rilevata non è però del tutto chiaro.

La tempestività della diagnosi di cancro e la compliance (aderenza) al trattamento medico sono determinanti nell’aumentare le probabilità di una risoluzione positiva della malattia oncologica. In questi casi, il meccanismo difensivo della negazione può determinare la messa in atto di comportamenti e atteggiamenti che vanno a peggiorare la condizione di salute (es. trascurare i sintomi e il loro significato, non rispettare l’aderenza alle terapie mediche, ritardare nel tempo la consultazione medica e gli esami di laboratorio).

In conclusione, è fondamentale assistere psicologicamente il paziente sin dal momento della diagnosi, così da sostenerlo sia nelle sue strategie di coping che nell’osservazione della funzionalità della negazione/evitamento per influenzare positivamente la prognosi di malattia e la qualità di vita.

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