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Parlare della guerra ai bambini: 4 consigli per i genitori

I media ne parlano come "Terza Guerra Mondiale". Tutte le persone del mondo si stanno interrogando e stanno provando emozioni intense in seguito a quello che sta accadendo in Ucraina. Ma come possiamo fornire sicurezza ai più piccoli se anche noi proviamo paura e preoccupazione verso il futuro?

Il complesso periodo storico che stiamo vivendo, la vita durante la pandemia ed ora la guerra, ci sta inevitabilmente interrogando e sollecitando emotivamente. Come adulti possiamo essere molto preoccupati del futuro dei nostri figli e questo può essere fattore di rischio per quello che provano e che vivono costantemente. Di fatto, in momenti di incertezza, i bambini osservano i nostri comportamenti per cercare di capire cosa proviamo, cosa sentiamo, cosa sta succedendo; a volte non fanno domande, soprattutto quando sanno di metterci in imbarazzo o di preoccuparci ulteriormente. Se è vero che le emozioni che proviamo noi adulti non possiamo negarle, ecco che dobbiamo trovare un modo coerente per condividerle con loro, per aiutarli a sentire l’ambiente un posto prevedibile e sicuro.

Non solo, le notizie trasmesse possono essere di difficile comprensione per i più piccoli, così come i contenuti visivi che possono contribuire a sviluppare emozioni di paura e angoscia. L’esposizione continua dei minori ad un emergenza collettiva può causare un grande senso di incertezza, sentimenti di impotenza dinnanzi a eventi minacciosi e imprevedibili e perdita di speranza nel futuro; per i bambini quello che accade “altrove” è altrettanto pericoloso come se accadesse a loro stessi.

Come parlare della guerra ai bambini?

Ecco perchè diventa sempre più importante permettere ai bambini un’integrazione tra gli stati affettivi e cognitivi, aiutandoli a sentirsi liberi di fare domande e garantendo loro la possibilità di ricevere risposte coerenti, che non minimizzino né enfatizzino i fatti. Di seguito quattro preziosi consigli su come parlare di guerra ai bambini.

1) Osservare

Tutto ciò che i bambini non dicono lo fanno vedere con i comportamenti, con il gioco e con piccoli sintomi somatici (es. mal di pancia, mal di testa, stanchezza…). Per quanto riguarda i comportamenti, potrebbero:

  1. avere maggiore difficoltà a separarsi dagli adulti di riferimento;
  2. mostrare difficoltà a concentrarsi a scuola e, di conseguenza, avere un temporaneo calo del rendimento scolastico
  3. fare riferimenti ai fatti che accadono durante il giorno, così all’improvviso, attraverso domande apparentemente fuori contesto.

Rispetto al gioco, i bambini in età pre-scolare potrebbero giocare tra di loro alla guerra o fare giochi più violenti ed interpretare la parte del “cattivo”. Dal punto di vista evoluzionistico è normale che i più piccoli attivino sistemi di difesa arcaici e che quindi esprimano la paura di sentirsi più vulnerabili ed esposti attraverso l’emozione di rabbia più che con quella di paura. Qualora accadesse, non giudichiamoli! Spieghiamo loro che forse si comportano così solo per paura.

2) Permettere loro di fare domande

In genere ci si preoccupa quando i bambini cominciano a fare delle domande su argomenti ed eventi critici, tanto da cercare di evitarli nella speranza che non soffrano. Ecco che spesso i più piccoli vengono tenuti lontani dagli eventi traumatici non considerando che possono comunque ascoltare anche quando sono apparentemente distratti da altro. Le notizie che arrivano dai media, i discorsi a bassa voce fatti in casa, i volti preoccupati dei genitori sono già una forma di comunicazione! Diventa quindi importante sia aiutare i bambini a chiedere quello che vogliono sapere, sia sentirci in diritto di dire loro che non abbiamo le risposte quando veramente non le abbiamo. Minimizzare dicendo loro che la guerra è lontana e che noi siamo al sicuro è una mezza verità.

Quando i bambini chiedono cerchiamo di fornire risposte comprensibili per la loro età, diamo loro parole per organizzare gli eventi e aiutiamoli ad esprimere le loro emozioni, quali ansie, paure e anche il dispiacere che hanno nei confronti di coloro che stanno vivendo una situazione così drammatica. La capacità dei bambini di provare emozioni di tristezza nei confronti dei pari è comunque una delle prime forme di empatia. Tuttavia sarebbe bene sempre decidere cosa fargli vedere e cosa invece è meglio evitare per la loro età.

Di per sé non occorre esporre i bambini alla cascata di notizie e di immagini, ma se siamo abituati ad ascoltare il telegiornale tutti insieme è bene continuare nella stessa direzione perché cambiare le abitudini potrebbe far sentire loro ancora più paura. Se siamo accanto a loro possiamo infatti commentare quello che sta succedendo e dar loro la possibilità di chiedere e di sapere.

Qualora il bambino non faccia domande possiamo provare a farne noi qualcuna, ad esempio: “Cosa pensi?”, “Cosa provi? Come ti senti?”, “C’è qualcosa che vorresti sapere?”, “Ne avete parlato a scuola?”. Questo è un ottimo modo per mostrargli che può chiederci cosa sta accadendo e trovare in noi un ascoltatore attento. Quindi non lasciamo mai da soli i nostri figli davanti ad immagini e parole che possono essere dannose per la loro età.

3) Fornire possibili risposte

Può capitare di non saper rispondere alle domande dei bambini. Questa potrebbe diventare l’occasione per cercare insieme le notizie, guardare dove stanno accadendo i fatti, provare a chiedere loro cosa sanno, cosa pensano di quello che sta accadendo (a volte hanno delle idee giuste da cui possiamo imparare e trarre una buona prospettiva!).

È bene che le risposte:

  • Siano oneste e legate ai fatti per come sono o per come ipotizziamo che siano. “Pensa a giocare.. non devi pensarci… qui non accade niente di brutto… noi siamo al sicuro queste cose accadono sempre in posti molto lontani… tu sei un bambino e a queste cose non ci devi pensare… i bambini devono solo giocare ed essere felici.” non sono che blandi tentativi di negare la loro paura. È importante quindi dire la verità in proporzione all’età e al livello di comprensione del bambino, senza cadere nel rischio di banalizzare o di ironizzare su quello che sta accadendo. Il momento storico che stiamo vivendo è complesso e i bambini lo percepiscono, non dare loro il giusto valore potrebbe esporli alla sensazione che non meritano di essere informati su quanto sta accadendo.
  • Stimolino i loro (e i nostri) vissuti. “Ci sta essere preoccupat*, anch’io sono preoccupat* per quello che sta succedendo… mi dispiace molto per i bambini che stanno vivendo la guerra e mi dispiace anche molto per te che già da così piccolo devi conoscere cose così brutte.”. In questo modo, i bambini possano provare preoccupazione e ricorrere agli adulti per avere un abbraccio.
  • Li aiutino a discernere quello che hanno già sentito, l’idea che si sono fatti di quello che hanno sentito e la realtà. Quando i bambini non vengono correttamente informati si fanno una loro idea delle cose che spesso è ancora più drammatica o che non corrisponde alla realtà dei fatti ma che rappresenta un tentativo di capire come sta andando il mondo. Questo aspetto ci ricorda che tentare di proteggere i bambini dalle notizie può essere un fattore di rischio dal momento che vanno a cercare le risposte da soli (su Internet o con i propri compagni di classe) e che non identificano nella figura degli adulti di riferimento il porto sicuro dove tornare per avere informazioni ma anche rassicurazioni o semplicemente un abbraccio confortevole.

Nonostante le nostre risposte, i più piccoli potrebbero porci la stessa domanda più volte perché fanno fatica ad integrare e memorizzare contenuti che possono essere per loro molto dolorosi o creare in loro paura. Non resta fare altro che ripetere loro le risposte già date, assicurarci che abbiano compreso ed, eventualmente, trovare un modo più semplice per riorganizzare le informazioni.

4) Cercare di confortarli

Quando parliamo con i bambini degli eventi che stiamo vivendo è molto importante la vicinanza fisica; tenere il bambino vicino (o se è molto piccolo tenerlo in braccio), essere seduti alla stessa altezza in modo da facilitare il contatto visivo. È bene anche parlare in modo aperto di quello che sta succedendo e, al contempo, trasmettere un messaggio di speranza (es. “Sta succedendo qualcosa di brutto che non dovrebbe accadere ma tutti stanno tentando di porre fine a questa brutta guerra, i capi di Stato si stanno parlando per capire come arrivare alla fine di tutto questo.”; “Posso assicurarti che tutto il mondo è sensibile a quello che sta accadendo e tutti stanno facendo del loro meglio affinché il mondo torni ad essere di nuovo un posto dove sentirsi al sicuro.“; “È normale che tu possa essere preoccupat* per la guerra…quando ti senti stran*, hai paura, ti senti triste o vuoi sapere qualcosa puoi chiedere aiuto o dire come ti senti ad una persona di cui ti fidi, la mamma o il papà, o anche le tue/i tuoi insegnanti.”). A volte non ci sono soluzioni per le cose che riguardano eventi più grandi di noi ma c’è qualcosa che funziona sempre: un abbraccio, una carezza, la vicinanza fisica e la possibilità di parlare di quello che si prova.

Bibliografia

  • EMDR Italia