Con il termine identità di genere ci si riferisce al concetto più intimo che ogni individuo ha di sé in riferimento al genere. Nello specifico, le identità di genere non binarie comprendono tutte quelle identità di genere che non ricadono nelle categorie tipicamente adottate della cultura occidentale che vede il genere rigidamente diviso tra due distinte polarità, uomo o donna. Parlando di persone non binarie, ci si riferisce quindi a una vasta gamma di identità differenti e di possibili modi in cui le persone esperiscono il proprio genere:
- un’assenza di genere (es. agender)
- una presenza di più di un genere (es. bigender, pangender)
- una fluttuazione tra diversi generi (es. genderfluid)
- l’identificazione con un genere neutro all’interno dello spettro uomo/ donna o al di fuori di esso (es. genderqueer, genere neutro, terzo genere)
- una parziale identificazione con l’essere uomo o donna (es. dall’inglese: demiboy o demigirl).
Contrariamente al pensiero comune, le identità non binarie non sono un fenomeno nuovo, si possono trovare alcuni esempi nella storia e in culture differenti. A tal riguardo, in Siberia, nelle Filippine, in India e all’interno dei nativi d’America sono tradizionalmente presenti più di due generi. Da questo punto di vista, è possibile osservare una sovrapposizione storica tra la diffusione del binarismo di genere e la dinamica coloniale che si estende fino ai giorni nostri.
Identità non binarie e identità trans*
Mentre il sesso biologico assegnato alla nascita rappresenta l’insieme delle caratteristiche (cromosomi sessuali, ormoni, genitali interni ed esterni, e la complessiva conformazione corporea derivante) con cui una persona nasce e che la contraddistinguono come maschio, femmina o altro, il ruolo di genere riguarda l’insieme delle norme sociali e delle aspettative culturali relative a come ogni persona debba essere, apparire e comportarsi in una data cultura e in un determinato periodo storico in relazione al genere di appartenenza.
Spesso le persone non binarie vengono identificate all’interno del più ampio termine ombrello delle identità trans* che non vivono la concordanza tra il proprio sesso biologico con le aspettative di genere che ne conseguono. In realtà non è corretto ricondurre a priori chi si identifica come non-binary alla sfera delle identità transgender; per alcune persone il rifiuto del binarismo non riguarda solo la categorizzazione uomo/donna, ma anche quella cisgendere/transgender. In questo senso si può parlare di transnormatività, ovvero quell’ideologia normativa, egemonica, che informa l’esperienza transgender in ambito sanitario e sociale, e istituisce una gerarchia in termini di legittimità tra persone che aderiscono a un modello binario e medicalizzato e persone che invece non vi si riconoscono.
Sebbene nella mentalità comune ci sia questa aspettativa, non tutt3 l3 pazienti non binarie desiderano transitare da un genere all’altro. Di fatto, possono riportare differenti gradi di disforia di genere e, di conseguenza, possono avere diverse aspettative circa le procedure mediche di affermazione di genere: es. possono riportare disagio nei confronti del petto, ma non nei confronti della voce o dei peli corporei. Tradizionalmente, i modelli medici vedono le procedure di transizione come un metodo per aiutare le persone a transitare da un genere a un altro, abbracciando una visione binaria del genere. Per questo motivo le persone non binarie incontrano spesso molte barriere nell’accedere alle procedure di affermazione di genere (come per esempio la terapia ormonale, la chirurgia, ecc.) in confronto alle persone trans-binarie.
Alcune ricerche hanno evidenziato come le persone non binarie spesso vivano elevati livelli di stress e incorrano in un rischio suicidario superiore rispetto alle persone transgender binarie. Un recente studio sottolinea come le persone non-binary sperimentino maggiori livelli di ansia, depressione e disturbi alimentari in confronto alle donne trans, agli uomini trans e alle minoranze sessuali cisgender. Tali risultati potrebbero essere spiegati dal fatto che le persone non binarie riportano maggiori tassi di molestie, rifiuto, abusi sessuali e altri eventi traumatici. Di fatto, spesso sono soggetti a fraintendimenti relativi al proprio vissuto identitario, subiscono una pressione maggiore a conformarsi ai ruoli sociali, soffrono lo stress derivante da un coming out meno tradizionale e sono soggetti a incomprensioni e stigma anche all’interno della comunità LGBT+.
Bambin3 e adolescenti di genere non conforme
L3 bambin3 di genere non conforme tendono ad esprimere la loro identità di genere in modi che sono inusuali per il sistema sociale in cui sono inserit3 e che non rientrano nei classici modelli di ruolo presenti. Le loro preferenze per i giocattoli, l’abbigliamento, lo sport, gli amici, la lunghezza dei capelli e il loro stile ecc. non rispecchiano le aspettative che la cultura a cui appartengono attribuisce al sesso che è stato loro assegnato alla nascita. L3 bambin3 di genere non conforme sono spesso percepit3 come bambini effemminati o bambine mascoline. In particolare, alcun3 di loro possono:
- desiderare di essere parte dell’altro genere perché sentono di appartenervi;
- raccontare di essere confus3. Alcuni di questi bambini a volte si definiscono “metà e metà” (es. “sono una bambina sotto e un bambino sopra”);
- riferire di sentirsi a proprio agio essendo una ragazza che si comporta “come un ragazzo” o viceversa, mostrando così interesse per attività tipicamente non in linea con le aspettative culturali del sesso assegnato alla nascita. Solitamente non sono interessat3 a un percorso di transizione da un genere all’altro, sebbene alcun3 possano prendere in considerazione determinate possibilità legate a ciò.
I genitori di quest3 bambin3 sono spesso preoccupati e tendono a leggere i vissuti dell3 figli3 come occasionali o, al meglio come “una fase”. Sarebbe opportuno che questi genitori lavorassero insieme alle scuole e alle altre istituzioni per rispondere ai bisogni specifici dell3 loro figli3 e garantirne la loro salute e sicurezza. È spesso d’aiuto consultarsi con un professionista della salute mentale formato su infanzia ed adolescenza per decidere come meglio comportarsi. In generale, va tenuto presente che non è d’aiuto forzare l3 bambin3 a comportarsi in modo più coerente con le aspettative sociali legate al genere attribuito loro alla nascita. Gruppi di auto mutuo aiuto genitoriale sono spesso un’importante risorsa in queste situazioni.
Identità non binarie e linguaggio
L’utilizzo di un linguaggio corretto è un tema molto importante per le persone trans* e non-binary: deve essere riposta molta attenzione verso l’uso del nome di elezione, dei titoli/appellativi e dei pronomi corretti. A differenza di altre lingue, in italiano non esistono generi neutri che possano essere utilizzati per rivolgersi in modo adeguato a persone non-binary. Differentemente, esempi di pronomi neutri spesso utilizzati dalle persone non-binary di lingua anglofona sono they/ them/theirs. Per cercare di ovviare a questa mancanza linguistica, molte persone non-binary e molt3 appartenenti alla comunità LGBTI+ hanno proposto di utilizzare alcuni accorgimenti più inclusivi, specialmente nel linguaggio scritto. Ad esempio, si propone l’utilizzo dell’asterisco (*), della vocale “u” o della lettera “x” nei casi in cui ci si riferisca a persone di cui non si conosce il genere o nei casi in cui ci si riferisca a più di un genere contemporaneamente. In altri casi, è stato proposto l’utilizzo della scevà o schwa (“ə”, al plurale “3”), un fonema già presente nell’alfabeto fonetico internazionale e linguisticamente riconosciuto come neutro, al posto della vocale finale che declina il genere delle parole.