Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si può parlare di infertilità quando in una coppia non avviene il concepimento entro un periodo di un anno o più malgrado regolari rapporti sessuali non protetti. Le definizione demografica estende a due anni il periodo in questione.
La prevalenza dei disturbi della fertilità nel ciclo di vita è piuttosto elevata:
- poco più di un quarto della totalità delle donne ha dovuto attendere un anno prima restare incinta, senza considerarsi necessariamente non fertile;
- l’11% delle coppie che ha avuto rapporti non protetti per più di 2 anni è ancora in attesa del concepimento.
Non è semplice avere cifre più precise sulla prevalenza dell’infertilità dal momento che entrano in gioco diversi fattori. Uno di questi è la scelta – più o meno sofferta – di rinviare il desiderio di maternità/paternità per altri interessi più contingenti, in genere professionali. Può pertanto accadere che quando la coppia ritiene che i tempi siano ottimali, i limiti biologici potrebbero aver già prodotto un effetto decisivo. A tal riguardo, evidenze scientifiche suggeriscono che la fertilità nella donna subisce un primo calo graduale significativo già intorno ai 32 anni e un secondo declino più rapido dopo i 37 anni, fino ad essere prossima allo zero negli anni che precedono la menopausa. Sebbene se ne parli poco, questo discorso non riguarda esclusivamente le donne. Lo stesso avviene anche per gli uomini: dopo i 35 anni d’età gli spermatozoi diminuiscono e il seme perde di qualità.
Le diagnosi di disturbi della fertilità sono distribuite piuttosto equamente tra donne e uomini. Secondo uno studio (Wischmann, 2012):
- il 40% dei casi di infertilità coinvolge entrambi i partner;
- 1/3 dei casi circa riguarda esclusivamente la donna, mentre 1/5 esclusivamente l’uomo;
- Poco meno del 10% delle coppie non presentano motivi di infertilità in entrambi.
Per quanto concerne nello specifico le cause dell’infertilità femminile, spiccano:
- Disturbi dell’ovulazione (1/3 dei casi);
- Problemi alle tube di Falloppio (1/3 dei casi);
- Endometriosi o problemi cervicali (raramente).
Nell’uomo, invece, la causa più frequente è la sindrome oligo-asteno-teratospermia (OAT), ovvero una disfunzione della concentrazione, motilità e morfologia degli spermatozoi. A seguire, può essere rilavata l’astenozoospermia (difetto di motilità degli spermatozoi) e la teratozoospermia (morfologia anomala degli spermatozoi). Uno studio metanalitico del 2017 ha rilevato negli ultimi 40 anni un dimezzamento della conta spermatica: da una concentrazione media di 99milioni di spermatozoi per millimetro si è scesi a 47 milioni (NB sotto i 40 milioni le probabilità di concepimento calano drasticamente). Le ragioni di questo calo possono essere ricondotte a variabili ambientali, socio-economiche e salutari. Anche la qualità dello sperma è in discesa e questo è legato soprattutto all’esposizione alle radiazioni non ionizzanti dei dispositivi tecnologici (TV, smartphone, PC…), oltre che ad altri agenti patogeni come i pesticidi e gli estrogeni industriali.
Una cosa è certa: ricerche scientifiche basate su prove d’efficacia hanno stabilito che i fattori psicologici non hanno un’influenza diretta sulle cause dell’infertilità. È possibile ipotizzare un ruolo indiretto della psiche solo quando l’infertilità è condizionata da comportamenti disfunzionali, ad esempio:
- Abitudini alimentari scorrette, disturbi alimentari, abuso di sostanze (alcol/tabacco, farmaci…), sport agonistici…
- La coppia si astiene dai rapporti sessuali nei giorni fertili o presenta un disturbo della funzione sessuale di natura non fisica
L’impatto psicologico dell’infertilità
Una diagnosi di infertilità può portare ad una sofferenza intensa che si ripercuote sull’autostima e che può avere un effetto eco. Di fatto, sono soprattutto le donne a confrontarsi direttamente tutti i mesi con un mancato concepimento, mentre gli uomini non sono colpiti in prima persona da un’esperienza del genere.
Il desiderio irrealizzato di un figlio spesso viene vissuto come un vero e proprio lutto in cui si devono necessariamente affrontare alcune fasi – shock e disperazione – prima giungere all’accettazione e alla sua conseguente risoluzione. Pare che donne e uomini manifestino il lutto in modi diversi associati a stereotipi di genere: mentre le prime cercando di esprimere i propri sentimenti e il proprio dolore parlandone apertamente (con più o meno fatica), gli uomini tendono ad evitare i proprio stati interni ed assumere il ruolo del partner “stoico”.
Anche la diagnosi comporta un’esperienza diversa: vari studi indicano che solo l’infertilità legata all’uomo libera le donne dal senso di responsabilità della mancata genitorialità. Ciò significa che anche nel caso di infertilità di entrambi i partner o ignota (infertilità idiopatica), la donna tende ad assumersi le colpe della situazione aumentando così il carico emotivo. Anche l’infertilità maschile è fonte di notevole stress per l’uomo, soprattutto quando si trova a dover contemplare l’inseminazione con un donatore.
Di fronte ad una infertilità idiopatica spesso le persone si trovano in balia di un forte distress legato all’assenza di una causa organica ben definita che possa esse medicalmente trattata. Questa situazione può portare a una ruminazione sulle implicazioni di eventuali fattori psicologici, e in che misura, che diventa altamente disfunzionale.
La capacità di adattarsi allo stress legato all’infertilità dipende in gran parte dalle strategie di coping che i partner possono mettere sul campo:
- Confronto attivo (coinvolgimento di parenti ed amici, es. richiesta di consigli)
- Evitamento attivo (evitamento delle proprie emozioni e pensieri spiacevoli sul tema, o di contesti legati alla genitorialità, es. parchi giochi).
- Evitamento passivo (attitudine mentale legata al fatto che qualcosa all’esterno possa modificare la situazione, es. sperare che avvenga un miracolo o credere che l’unica soluzione sia aspettare)
- Ricerca di un senso (dare un senso personale positivo a quanto sta avvenendo, es. esperienza che fa crescere la coppia o che ha un effetto benefico sulla relazione).
La letteratura suggerisce che l’evitamento attivo sia la strategia meno efficace in termini di adattamento emotivo, producendo stress emotivo reciproco su entrambi i partner. Al contrario, la ricerca di senso è l’alternativa più favorevole che comporta un basso rischio di stress all’interno della coppia. Dato l’importante rischio psicologico, si consiglia che il supporto psicologico per l’infertilità sia rivolto alla coppia per aiutare entrambi i partner a ricorrere a strategie di coping positive e a non ricadere in comportamenti meno utili come l’evitamento.
Se il tema dell’infertilità sta minando il vostro rapporto di coppia, rivolgetevi subito ad un professionista!