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Il ruolo della famiglia nella trasmissione dei valori

La famiglia ha come scopo primario la trasmissione di tutto ciò che è simbolico alle nuove generazioni e, più in generale, della cultura di appartenenza nella quale sono presenti anche le norme e le credenze. Questo processo è rilevante per qualsiasi individuo rispetto alla propria crescita personale e al porsi in relazione con l'altro.

La ricerca psicosociale si occupa da tempo di valori, ovvero principi guida del comportamentoche motivano e orientano l’azione. Di seguito si andrà ad approfondire come questi, assieme a credenze e norme, possano essere trasmessi al’interno della famiglia e come possano essere influenzati.

La trasmissione intergenerazionale del “simbolico”

All’interno della famiglia risulta fondamentale la trasmissione di tutto ciò che è simbolico, ovvero valori, atteggiamenti e comportamenti, attraverso la relazione che lega i membri della famiglia tra loro in modo profondo.

Il processo di trasmissione comincia nel momento in cui i coniugi decidono di affrontare il “salto” di posizione generazionale assumendosi una responsabilità genitoriale. La genitorialità si fonda sul ruolo genitoriale che si sostanzia della relazione con il figlio – il quale deve essere riconosciuto come altro da sé in quanto essere unico – e che comprende anche una dimensione intergenerazionale che rimanda alla storia familiare e ai valori, miti e tradizioni ad essa connessi. Grazie a ciò, il figlio viene inserito nel corpo familiare e può accedere sia alle risorse che al patrimonio di atteggiamenti e di valori che fanno parte di quel paradigma familiare. Questo spiega come mai la maggior parte delle ricerche concordino nell’affermare la presenza di una certa continuità rispetto alle priorità valoriali di genitori e figli. Ciò risulta evidente soprattutto se si pongono a confronto i genitori con i loro figli giovani-adulti; questi ultimi tendono a giudicare prioritari per loro i valori trasmessi dai genitori, riconoscendo così una comune matrice valoriale. È possibile tuttavia riscontrare qualche differenza nelle famiglie con figli adolescenti; di fatto, nella fase adolescenziale coesistono momenti di distanza dalla famiglia, in cui il ragazzo esplora il mondo esterno, e momenti di riavvicinamento e intimità. Infine, è stata evidenziata anche l’esistenza di una reciprocità nello scambio, per cui i figli possono a loro volta trasmettere i valori ai loro genitori mettendoli in discussione.

Valori e relazione genitori-figli

Negli anni ’70 si riteneva che ciò che i genitori avevano interiorizzato a partire dalla cultura, in particolare credenze, valori, schemi, atteggiamenti e motivazioni, venissero trasmessi in modo unidirezionale ai figli, i quali li facevano propri passivamente. Oggigiorno si hanno conferme del fatto che l’influenza non è dettata solo dai genitori sui figli, ma anche dai figli sui genitori. A tal riguardo, il caso dell’adattamento degli immigrati alla nuova cultura è utile per illustrare il ruolo potenziale dei bambini nel periodo di risocializzazione dei genitori. Grazie alla scolarizzazione e all’immersione nella nuova cultura, i bambini immigrati diventano rapidamente più competenti rispetto ai genitori rispetto alla lingua, al comportamento, ai valori e agli atteggiamenti del nuovo paese. Sebbene i genitori immigrati rischino di rimanere più svantaggiati in questa forma di socializzazione, in alcuni casi il successo del loro adattamento può consistere proprio nell’apprendimento dei nuovi modi di vivere e nel cambiamento di alcuni atteggiamenti e valori attraverso le lezioni che i figli stessi possono offrir loro. In altre parole, i genitori possono usare la loro interazione con i propri figli per implementare la loro socializzazione culturale.

Tale padre, tale figlio?

Come già anticipato, anche l’esperienza nell’ambiente sociale agisce sulle “credenze normative” circa l’appropriatezza dei comportamenti, sui valori condivisi dalla comunità, sul grado di coesione sociale. L’influenza che hanno i pari, i media e la scuola porta a rompere quel rigido determinismo per cui si tramanda il detto “tale padre tale figlio”.

Per quanto concerne nello specifico il ruolo dei pari, diversi ricercatori hanno constatato la presenza di un andamento curvilineare nell’influenza di questi ultimi nei confronti dei coetanei. Nella fanciullezza l’autonomia verso i pari è relativamente alta per cui risulta predominante l’influenza dei genitori verso i bambini, mentre nella prima adolescenza avviene il contrario e l’influenza dei pari diviene più rilevante. Nella tarda adolescenza l’autonomia verso i pari torna nuovamente maggiore. Alcuni autori hanno ipotizzato che il gruppo dei pari costituisca la fonte primaria di influenza sociale, tuttavia si suppone che in questo caso l’influenza dei genitori sia stata sottostimata. In altre parole, i genitori potrebbero esercitare non solo un’influenza diretta, ma anche mediare l’entità dell’influenza esercitata dai pari. Per cui, se i genitori non sono coinvolti nella vita del proprio figlio, quest’ultimo individuerà con maggiore probabilità i coetanei come punto di riferimento sia a livello informativo che affettivo. Di conseguenza, i coetanei giungeranno ad assumere una funzione chiave nell’influenzare le strutture d’atteggiamento del giovane.

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