I vantaggi insiti nell’utilizzo delle nuove forme di comunicazione hanno favorito l’incremento dello sfruttamento sessuale dei minori da parte di predatori sessuali e dell’utilizzo delle chat room, dei siti web privati e dei social network da parte di pedofili. Secondo alcuni ricercatori, i predatori sessuali che utilizzano Internet rientrano in due principali categorie che non sono mutualmente escludentesi: coloro che utilizzano la rete per selezionare e adescare bambini con scopi sessuali e coloro che producono e/o scaricano immagini illegali e indecenti che hanno come protagonisti dei minorenni e che vengono diffuse online.
Nello specifico, l’adescamento dei minori per mezzo Internet (chiamato anche grooming online) può essere definito come un processo che vede protagonisti il groomer, colui che inizia un contatto online con un bambino col fine di avere un rapporto sessuale fisico, e la vittima, la quale viene scelta e spinta ad avere un forte legame con l’adulto in questione. Il contesto in cui avviene l’adescamento è principalmente quello dei siti di social network.
Sebbene molte ricerche evidenzino un aumento del numero di reati a sfondo sessuale tramite Internet, tra cui anche l’adescamento online, resta ancora da chiarire quale sia effettivamente la portata di questo fenomeno poiché non sempre il crimine viene subito denunciato. Quello che è certo è che ogni Paese applica le proprie leggi entro i suoi confini nazionali, creando così una disparità nella lotta ai reati a sfondo sessuale per mezzo Internet. Infatti, la configurazione di reato per l’adescamento di minori online non è presente in tutti i Paesi del mondo e tale buco normativo talvolta impedisce un’azione preventiva della polizia investigativa, l’applicazione di pene per i rei e l’estradizione dei groomers. Non solo, anche la definizione di “minore” è soggetta alla variabilità istituzionale dei diversi stati, non rendendo così chiara e univoca la condizione di abuso online. Tutto ciò può costituire un rischio per la tutela dei minori.
Il reato di grooming online: la normativa italiana
Grazie alla “Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali” del 2007, è stato disposto che gli Stati firmatari – tra cui l’Italia – si occupassero dello sfruttamento dei minori (Articoli dal 20 al 22) e più specificatamente del grooming online (Articolo 23). In particolare, quest’ultimo recita:
“Ciascuna delle Parti adotta le misure legislative o di altra natura necessarie per prevedere come reato la proposta intenzionale di un incontro, da parte di un adulto, mediante l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ad un minore che non ha raggiunto l’età stabilita conformemente all’articolo 18, paragrafo 2, al fine di commettere nei suoi confronti uno dei reati stabiliti conformemente all’articolo 18, paragrafo 1.a, o all’articolo 20, paragrafo 1.a, quando tale proposta è stata seguita da atti concreti volti a realizzare il suddetto incontro.”
Quella che viene enfatizzata è l’intenzione da parte dell’adulto di incontrare il minore per commettere un reato, ovvero tutti quegli atti preparatori alla commissione dell’offesa sessuale, compreso il processo di adescamento stesso.
La Legge dell’1 ottobre 2012 n. 172 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno” ha così delineato due nuove fattispecie di reato: l’istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia (art. 414-bis c.p.), e l’adescamento di minorenni (art. 609-undecies c.p.).
Per quanto concerne quest’ultimo reato, viene punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque adesca un minore di anni sedici al fine di commettere i delitti di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.), prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.), pornografia minorile (art. 600-ter c.p.), detenzione di materiale pedopornografico (art. 600-quater c.p.) anche virtuale (art. 600-quater.1 c.p.), iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.), violenza sessuale (art. 609- bis c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.), corruzione di minorenne (at. 609-quinquies c.p.) e violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.). La condotta dell’adescatore è intenzionale e di tipo commissivo poiché volta a pregiudicare il minore, il quale, oltre ad essere oggetto di tutela giuridica, non è in alcun modo ritenuto essere consenziente in caso di rapporti sessuali. In particolare, per adescamento “si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione.”. Sebbene nel terzo comma dell’art. 609-ter c.p. era già prevista l’incriminazione per “chiunque distribuisce o divulga informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale dei minori”, con il nuovo articolo vengono considerati anche i mezzi di comunicazioni diversi da Internet o altre reti (ad es. gli SMS) e vengono condannati:
- gli artifici volti a manipolare la realtà esterna del minore simulando l’esistenza di situazioni inesistenti, o viceversa, dissimulando qualcosa che invece sussiste;
- le lusinghe volte a raggirare il minore e che fanno leva sulla sua debolezza psicologica;
- le minacce che possono agire sulla sfera volitiva del minore.
Rispetto alla Convenzione di Lanzarote che individua il reato di groomingsolo al momento dell’incontro (art. 23 della Convenzione), la proposta di legge italiana tende ad identificare come reato anche il semplice scambio di dati e immagini in forma virtuale, dal momento che può comunque spingere il minore a compiere atti illeciti. Infine, questa legge non stabilisce nuovi obblighi per i provider di connettività limitandosi così a fare riferimento ad una norma già esistente che impone ai fornitori di provvedere alla predisposizione di appositi filtri per bloccare i siti ritenuti pericolosi per i minori.